Le cinque azioni fondamentali

21 Giugno 2013
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 Dopo aver scritto dell’assoluta necessità di dotarsi di un efficace progetto politico e aver capito che l’unica via per concretizzare il nostro grande ideale di salvezza e libertà del popolo veneto è raggiungere l’obiettivo della piena indipendenza e sovranità del nostro popolo. Dopo aver scelto il metodo democratico per realizzarlo, finalmente è arrivato il momento di parlare del progetto vero e proprio. Questo è il piano d’azioni pensato dal “Forum dei Veneti” ancora nel 2007, ma ancora estremamente attuale e purtroppo mai realizzato in maniera coordinata ed efficace. Ecco lo schema:

 

·         Azione politica – Serve per arrivare alla maggioranza in consiglio e giunta regionale, non solo, serve anche ad acquisire più punti di potere che consentano di attuare con efficacia tutte le altre azioni del progetto. Serve per aver tutele, visibilità e considerazione, per aver accesso a contributi e finanziamenti. È utile per realizzare norme e leggi che facilitino il percorso. Per avviare trattative a tutti i livelli al fine di raggiungere i nostri obiettivi. Per concretizzare questo punto serve un partito unitario e il consenso popolare.

 ·         Azione giuridica – Volta ad attuare e far attuare tutte quelle norme e leggi di tutela della identità e cultura del popolo veneto, ma anche dei diritti umani. Serve per dimostrare anche l’illegalità della dominazione italiana. Comprende azioni legali di tutela diritti culturali ed economici, class-action, ma anche il riconoscimento della lingua veneta e della nazionalità veneta. Può servire per arrivare ad avere un’anagrafe che ci registri come veneti.

 ·         Azione diplomatica – Avviare contatti e accordi internazionali. Significa essere continuamente in contatto con partiti e associazioni indipendentiste d’Europa e del mondo, ma non solo, avere contatti anche con capi di stato e governi che possono appoggiarci e aiutarci nel raggiungimento del nostro obiettivo. Promuovere e diffondere a livello internazionale le nostre istanze in modo che il “mondo sappia”.

 ·         Azione identitaria e culturale – Consiste nel risvegliare la coscienza veneta, ravvivare l’appartenenza al Popolo Veneto e alla Nazione Veneta. Far conoscere la nostra vera storia, diffondere usi costumi e tradizioni del nostro popolo. Far conoscere, usare e far usare la lingua veneta, ottenerne l’insegnamento scolastico. Diffondere e far conoscere la nostra cultura. Capire e far capire che i veneti non sono italiani, non lo sono mai stati, anche se ci hanno sempre inculcato il contrario.

 ·         Azione motivazionale – Significa aumentare la volontà indipendentista, anche se lo stato italiano ci sta aiutando in modo eccellente con le sue controriforme, con la sua politica migratoria, con le sue ruberie ed inefficienze ad aumentare la volontà indipendentista, noi dobbiamo informare correttamente i veneti delle grandi opportunità culturali ed economiche che avrebbe il Veneto indipendente. Non solo, ma anche far conoscere le ingiustizie, l’oppressione, la persecuzione e la violenza culturale e fisica a cui è stato ed è sottoposto il nostro popolo. Informare sulla situazione economica reale dello stato italiano.

  Questo è il progetto politico, ovviamente essendo stato redatto quasi dieci anni fa, ha bisogno di essere rinfrescato e adattato, ma, a mio parere, è ancora estremamente attuale e aspetta solo di essere realizzato. Ovviamente un progetto del genere deve avere sempre quella elasticità e fluidità necessarie per adattarsi ad ogni situazione possibile.

 Adesso bisogna tradurre tutte queste azioni teoriche in azioni concrete e coordinate attraverso un programmazione puntuale e precisa, ognuno di noi si deve scegliere uno o più settori nei quali operare e i mezzi per realizzarli. I mezzi possono essere strumenti come giornali, TV e siti internet così come associazioni e movimenti.

 L’unico pericolo di questo progetto è che rimanga ancora nel cassetto e che non si traduca in azioni concrete, altra cosa da prestare attenzione è quella di non farsi deviare verso azioni inconcludenti, dannose o contrarie al raggiungimento dei nostri obiettivi, detto questo, non ci rimane altro che cominciare a lavorare.

 Francesco Falezza

 

 

 

Recentemente ho letto delle indagini statistiche che affermavano che nelle società monoculturali i conflitti e le tensioni sociali sono ridotti al minimo e pertanto, questo tipo di società sono quelle dove si vive meglio, mentre in quelle multiculturali si assistono a fenomeni come la ghettizzazione, l’emarginazione e la discriminazione che hanno come conseguenza il disadattamento e la frustrazione delle persone che inevitabilmente sfociano nelle fobie e nella violenze.
Perché nelle società multiculturali si crea il fenomeno della ghettizzazione? Perché l’uomo istintivamente si ricrea artificialmente una nicchia monoculturale, un po’ come i gatti istintivamente delimitano il proprio territorio, così noi o ci integriamo o ci ricreiamo un territorio con una cultura a noi affine e familiare.
Nelle società monoculturali vivono meglio anche le minoranze che, se rispettate, sanno bene in che ambiente si trovano e possono vivere tranquillamente perché, visto che non vengono percepite come una minaccia, generalmente sono bene accolte e tutelate, cosa che è molto più difficoltosa nelle società multiculturali.

 

Ma visto che nelle società monoculturali si vive meglio è possibile avere una società così nel terzo millennio? Penso purtroppo di no, perché esistono due tipi di multi cultura, una verticale e una orizzontale.
La multi cultura verticale è dovuta alla velocissima evoluzione della nostra società. Mentre nel passato le invenzioni erano eventi rari ed eccezionali, ora ne abbiamo una ogni minuto e con un ritmo frenetico cambiano la nostra vita, la nostra mentalità e il nostro modo di agire e di pensare, tutto questo, inoltre, viene amplificato dal bombardamento mediatico a cui siamo sottoposti.
Ma con una società che corre così non tutti tengono il passo, così c’è chi va avanti e chi rimane indietro, come in una corsa campestre, se si va piano piano, tutto il gruppo rimane unito, ma se invece si comincia a correre il gruppo si allunga e c’è chi inevitabilmente rimane indietro. Così è anche la nostra società, c’è chi sta al passo coi tempi e chi invece non ce la fa, così all’interno della stessa collettività notiamo differenze abissali tra soggetti: vediamo che c’è il super tecnologico, ma anche chi va vanti ancora con carta e penna. Questo non succede solo nella tecnologia anche negli affetti ci sono grandi differenze, e così abbiamo chi pratica lo scambio di coppia e chi uccide per gelosia, c’è chi crede nel matrimonio e chi non ci crede più, ma poi ci sono differenze anche nelle cose più banali come chi prende la tintarella integrale e chi si scandalizza e si vergogna anche a mettersi in pantaloncini, per non parlare poi di chi parla di droghe libere e di droghe vietate ecc. ecc. Così nella società che galoppa ci può essere chi corre troppo e chi riamane fermo. A questo aggiungerei anche chi, convinto di essere uno che va molto avanti, invece sta tornando indietro.
È chiaro che far convivere tutti questi diversi stadi di evoluzione/involuzione culturale non è semplice, se poi, a questo tipo inevitabile di multi cultura se ne aggiunge un altro di tipo orizzontale abbiamo raggiunto il massimo di invivibilità.




La multi cultura orizzontale si ha quando si mescolano popoli di cultura profondamente diversa o peggio incompatibile. Prendiamo, per esempio, un uomo del Maghreb che viene ad abitare e lavorare in Veneto, questi mediamente hanno una concezione della donna che noi avevamo qualche secolo fa e, per religione, non possono bere alcolici ne mangiare carne di maiale, vi immaginate che difficoltà ad integrarsi in una società come quella veneta dove se non mangi costine di maiale e bevi vino “no te sì gnanca omo”? E quali difficoltà incontrerà con i propri figli che vorranno integrarsi e troveranno i divieti del padre assurdi e anacronistici? Quest’uomo è venuto qui per trovare il benessere e, invece, a parte i soldi, quasi certamente avrà una vita da emarginato e i suoi figli da disadattati… sempre che non arrivi a compiere qualche gesto estremo come a volte si sente dalla cronaca… Così cercherà di trovarsi solo con persone culturalmente affini andando a formare una comunità nella comunità, dando vita al fenomeno chiamato ghettizzazione e col moltiplicarsi e ingrandirsi di questo fenomeno si creano i presupposti per tensioni e conflitti sociali.

Ovviamente questo è un caso limite e abbiamo dato uno sguardo a delle banalità, ma la stessa cosa succede un po’ per tutto, anzi per questioni più importanti di un bicchier di vino e di un pezzo di carne i conflitti diventano ancora più acuti.

Per evitare che questo succeda ci vogliono regole sull’immigrazione molto severe per permettere l’immissione nella comunità di un numero di immigrati che la collettività riesce ad integrare senza grossi problemi, oltre ad eliminare completamente il fenomeno della clandestinità. È così nei paesi civili come, ad esempio, Australia e Nuova Zelanda e qualcosa di simile ci vorrebbe anche qui da noi.
Ma come la mettiamo con lo spirito cristiano dell’accoglienza? Se questo non è un problema per chi predica, lo è invece per chi deve amministrare la cosa pubblica e pensare al bene comune applicando i principi cristiani. Per capire com’è la questione ci possiamo aiutare con qualche esempio: salire in 10 su un ascensore da 4 persone o in 15 su una barca da 10 è accoglienza o un atto criminale che mette a repentaglio la sicurezza di tutti i passeggeri? Con le debite eccezioni che confermano la regola, è evidente che accogliere su un mezzo più persone di quante ne possa contenere mette a rischio la sicurezza di tutti, allo stesso modo accogliere in una comunità più persone di quante questa riesca a integrare significa fare il male sia di immigrati che di indigeni, ma di questo argomento parlerò un’altra volta, quello che abbiamo visto e dimostrato è che in una società monoculturale si vive meglio.
Altra caratteristica delle società monoculturale è la sua diversità, peculiarità o addirittura unicità rispetto alle altre, ma questo è un bene o un male? Dipende dal mondo che vogliamo, certamente se aneliamo al mondo del grigiore della cultura unica globale la diversità è un male, se invece pensiamo a un mondo dalle mille culture e dai mille colori dei suoi popoli …allora è un bene. Personalmente penso che la diversità sia un valore da preservare, tutte le culture di tutti i popoli del mondo hanno una loro bellezza e devono essere tutelate e rispettate, ovviamente se, a loro volta, siano rispettose dell’uomo come persona. Immagino il mondo come la tavolozza di un pittore dove ogni colore rappresenta la cultura di un popolo, certe tavolozze offrono delle combinazioni di colori veramente stupende, e così anche il nostro mondo è bello proprio per le diversità e le peculiarità dei popoli che lo abitano.
Se invece cominciamo a mescolare i colori alla rinfusa tutta la bellezza se ne va, alla fine rimane un unico colore cupo tra il grigio e il marrone, che è il colore della cultura unica globale, il colore dell’annientamento delle culture dei popoli.

 

Riassumendo monocultura locale significa multi-cultura globale, invece multi cultura locale comporta monocultura globale, monocultura globale = non cultura. In queste righe è richiuso tutto il male o il bene che possiamo fare ai popoli del mondo: tante belle monoculture con le loro caratteristiche fanno un mondo multiculturale, rispettoso e bello, proprio per le sue diversità, al contrario tante multi culture si fondono nel grigio e nella negatività della monocultura globale, un’unica monocultura che fa emergere i peggiori falsi valori dell’umanità.


Si può tentare di obiettare dicendo che la società monoculturale è chiusa, ma anche questo non è vero, perché la chiusura o l’apertura di una società non dipendono certo da mono o multi cultura, se prendiamo, per esempio, il popolo Veneto nella sua storia è sempre stato organizzato in una società principalmente mono culturale, ma si è sempre dimostrato aperto all’innovazione, all’arte, alle scienze, alle culture e al commercio come pochi altri popoli, almeno finché è stato libero e indipendente.
Il bello di questo è che non sono idee o opinioni più o meno opinabili, ma incontestabili osservazioni di comportamenti umani; infatti l’esempio più eclatante ce l’abbiamo proprio sotto gli occhi e viene proprio dalla penisola italica del rinascimento: un rifiorire di bellezze e meraviglie, un territorio formato da tanti popoli e tante monoculture… fusi ora in un plumbeo grigiore della multi cultura nazional-socialista dello stato italiano…

Crisi economica

21 Giugno 2013
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Questo è il tema del momento, tutti parlano di crisi, ma un discorso chiaro sulle cause che l’hanno provocata  e sul modo di uscirne non l’ho ancora sentito.
Come prima cosa bisogna specificare di quale crisi parliamo, perché le crisi sono almeno due, una internazionale provocata da (come li chiamo io) “atti di criminalità bancaria” e un’altra, tutta italiana, provocata dal gigantesco debito di questo stato.
Io voglio analizzare la seconda per capire da cosa è provocata e, di conseguenza, capire come uscirne. La prima domanda è perché quando c’era la lira non c’erano tutti questi problemi? Quando c’era la lira e il debito diventava talmente grande da essere insostenibile, scattava una svalutazione di proporzioni bibliche che riportava il debito nelle giuste proporzioni, ovviamente chi aveva quattro soldi messi da parte si ritrovava con un pugno di mosche, però tra interessi alti e la scala mobile che ripristinava stipendi e pensioni si riusciva a riequilibrare il sistema, c’è da dire che questo “giochino”, chiamato “svalutazione competitiva” era permesso a livello internazionale per la posizione strategica dell’Italia, per cui tutti tacevano perché faceva comodo così.
Con l’avvento dell’euro che, a differenza della lira, non è carta straccia, ma moneta sonante, il giochino della svalutazione non si può ripetere, non solo, ma con il crollo del muro di Berlino e la perdita della posizione strategica dell’Italia, ha comportato che certe “cose” non vengono più tollerate, pertanto, per rimanere nell’euro bisogna avere i conti a posto, cioè entrate, uscite e debiti devono rimanere entro certi parametri di sostenibilità.
A questo punto c’è un’altra domanda a cui rispondere… come mai abbiamo i conti così in disordine e questo debito gigantesco? Forse un libro non basterebbe per spiegare tutto nei dettagli, cercherò comunque di sintetizzare e semplificare al massimo focalizzandomi sulle cose che ritengo più importanti. Non so se ci avete fatto caso, ma l’Italia è lo stato dove il costo del lavoro è più alto e i lavoratori hanno le paghe più basse, è lo stato dove si pagano più tasse e i servizi sono più scadenti, dove si spende di più per le grandi e piccole opere, ma siamo quelli che ne abbiamo di meno, abbiamo il personale del pubblico impiego più numeroso, ma i servizi più lenti e scadenti, ecc. ecc..
Come mai c’è questa “discrasia” tra soldi spesi e opere e servizi? Secondo me la risposta si trova guardando il sistema di potere che c’è in Italia, formato da tre entità: la partitocrazia (questa la conosciamo), ma anche cupole mafiose e cupole massoniche, che dominano nell’ombra. Questo comporta che l’appalto (piccolo o grande che sia) deve andare alla “cordata” giusta, la privatizzazione del bene pubblico pure, la gestione del tal servizio alla cooperativa bianca o rossa o verde a seconda del caso, il tale fa carriera solo se è raccomandato o affiliato di qua o di la… In pratica (con le debite eccezioni che confermano la regola) non è chi offre il miglior servizio, al miglior prezzo che prende l’appalto, non è il miglior impiegato che fa carriera (ovviamente da un certo livello in su), ma quello che risponde a “certi” requisiti di affiliazione… così se i costi lievitano è un bene, perché così si mangia di più e la “cordata” ingrassa. A questo sistema aggiungiamo una diffusa corruzione, il clientelismo e la mancanza di meritocrazia e abbiamo completato il quadro.
Un sistema del genere non ha alcuna possibilità di sopravvivenza nel mondo globalizzato, e non c’è speranza che i partiti possano cambiare questo perché significherebbe decretare la fine del proprio sistema di potere. L’Italia è come una nave che sta affondando nel mare (dei debiti), ovviamente, per salvarla, la prima cosa da fare sarebbe tappare le falle (i buchi) e contemporaneamente pompare fuori l’acqua dalla stiva, ma mentre la spesa per i servizi ai cittadini viene continuamente tagliata, i buchi veri, quelli grossi, generati dal sistema partito-mafio-massonico non vengono toccati, così il pompare continuamente denaro dalle tasche dei cittadini riuscirà solo a ritardare (ma non a evitare) la colata a picco impoverendo ancora di più il popolo.
Infatti come fanno a tirare a campare? Aumentando le tasse, tagliando servizi (sanità, pensioni, assistenza), vendendo beni dello stato, tagliando pezzi di democrazia con la riduzione, ad esempio, dei consiglieri comunali (che costano poche centinaia di euro all’anno, ma che consentivano una buona partecipazione popolare), l’eliminazione delle province (addirittura ancora prima di modificare la costituzione)… e le proposte? Non ce n’è una che va nel senso giusto, si parla dei costi della politica parlando delle indennità dei parlamentari che sono insignificanti rispetto al fantasmagorico giro di miliardi in appalti pilotati, in “privatizzazioni”, in servizi e inefficienze del pubblico impiego, si parla di eliminare il senato (camera delle regioni) riducendolo a una conferenza dei sindaci o poco più…, si parla di uscire dall’euro (così da consentire il giochino della svalutazione e continuare a … mangiarci sopra…) si parla di presidenzialismo e sistemi maggioritari… addirittura di “reddito di cittadinanza” e non si parla più di federalismo, di sistemi anti corruzione, di trasparenza negli appalti, di meritocrazia, di efficienza nel pubblico ecc. ecc. ovviamente perché queste cose vanno a corrodere il sistema di potere costituito. Non solo, ma si va ad intaccare quel poco di democrazia che c’è, così il sistema si avvia verso un preoccupante totalitarismo di minoranza e, visti i precedenti dello stato italiano, il passaggio a qualcosa di peggio è breve… anzi sembra che l’irrigidimento istituzionale a cui assistiamo sia preludio per la repressione di eventuali proteste popolari…
Ad ogni modo, visto che i veri buchi dello stato italiano nessuno andrà a tapparli… quanto tempo andrà avanti questa agonia prima del fallimento?
La situazione non è rosea, perché il sistema, a causa delle ragioni che ho appena esposto, è troppo costoso e i soldi non bastano nemmeno a risanare il debito figuriamoci se ce ne sono per rilanciare l’economia, per fare un esempio l’Italia è come un’anemica a cui sono attaccate una miriade di sanguisughe che stanno succhiando l’ultimo sangue rimasto… adesso queste sanguisughe (visto che sono loro che comandano) dovrebbero decidere di rinunciare a succhiare per salvare la povera malcapitata, sapendo però che se non succhieranno dovranno soccombere loro… e perciò … non lo faranno. Così continueranno a “ciucciare”… ma quando sarà il momento del crack? Lo deciderà l’Europa! Quando si stancherà di acquistare il debito italiano e allora gli interessi schizzeranno improvvisamente alle stelle, parte dei titoli rimarranno invenduti e da quel momento dovremo passare dei momenti difficili, penso che la soluzione più probabile sarà l’uscita dall’euro, non so se per formare un euro dei poveri o per ritornare alla lira… staremo a vedere.
A questo punto mi sorge spontanea una domanda: come possono i Veneti, un popolo con più di tremila anni di storia, lasciarsi cancellare (culturalmente ed economicamente) da un sistema del genere senza reagire?Non so, questa è una cosa che non riesco proprio a capire, però so che se il popolo Veneto avesse indietro la propria libertà e indipendenza avrebbe sia la salvezza culturale che quella economica, non solo, ma l’interruzione dell’enorme flusso di denaro che parte dalle nostre tasche e va in quelle dello stato italiano costringerebbe quello stato a fare quelle riforme che senza questo blocco non farà mai.

 

La nostra vita è piena di preconcetti, conosciamo una nuova persona e subito, a prima vista, ci facciamo un’idea su di lui o su di lei, ma non ci limitiamo a questo, spesso facciamo molta fatica a cambiare opinione, anche quando ci rendiamo conto di aver proprio sbagliato giudizio.
Sfruttando questa nostra propensione al pregiudizio, ci sono alcuni preconcetti che ci vengono abilmente inculcati senza che ce ne rendiamo pienamente conto, così ci ritroviamo a condividere e dare per scontate alcune idee e alcune opinioni che sono, invece molto lontane dalla realtà. Giornali e TV sono maestri nel creare questo tipo di “pensiero comune” che serve per “demonizzare” alcune correnti di pensiero non gradite al regime.
Cosa vuol dire “demonizzare”? Significa rendere assolutamente disdicevole e inaccettabile qualcosa a tal punto da impedirne la valutazione, in pratica “demonizzando” si impedisce il giudizio su una data cosa perché la si scarta priori, in altre parole si ottiene il rifiuto di un’idea senza che questa venga opportunamente valutata.
Più l’idea è giusta, più l’idea è efficace, più l’idea è reale, più l’idea è pericolosa per il regime, più deve essere demonizzata, cioè il sistema deve impedire che i cittadini la prendano in considerazione; devono far sì che il cittadino la rifiuti senza fare le proprie valutazioni, perché sanno bene che se il cittadino comincia ad analizzarla non potrà che condividerla e farla sua! In questo caso con la “demonizzazione” si ottiene il rifiuto a priori, di fatto impedendo la libertà di giudizio e la libertà di opinione.
Per chi ha il controllo dei mezzi d’informazione è molto semplice demonizzare un’idea, mettendo in una certa luce alcuni fatti, dando risalto ad alcuni aspetti, mistificando alcune verità, deridendo alcune cose con una frecciatina di qua e una battutina di la, così senza sapere il perché ci ritroviamo tutti a dare per scontati pregiudizi e preconcetti su idee e persone arrivando a capovolgere completamente la realtà delle cose.
Adesso stiamo tutti pensando che questo succede solo agli altri, perché noi non sbagliamo mai e quando abbiamo conosciuto una persona da due minuti abbiamo già capito tutto, ma purtroppo o per fortuna non è così; purtroppo tutti noi siamo vittime dei nostri pregiudizi e dell’informazione o meglio della disinformazione che ci viene inculcata.
Difficile da credere? Passiamo agli esempi! Analizzerò preconcetti, pregiudizi e luoghi comuni che riguardano l’indipendentismo Veneto cercando, come il solito la dimostrazione dei fatti più che l’esposizione di opinioni.
Razzisti! Questo è il padre di tutti i pregiudizi, non ho capito bene come si è sviluppato, di certo è stato il primo, probabilmente anche favorito da certe prese di posizione di un certo movimento che di indipendentista ha solo le parole, ad ogni modo non si capisce perché una persona o un movimento che chiede la libertà per la propria terra dovrebbe essere razzista. Ma andiamo a vedere cosa chiedono questi indipendentisti: vogliono esercitare il diritto di autodeterminazione dei popoli così come previsto dalla Carta dei Diritti dell’Uomo dell’ONU, ma se questi rivendicano un diritto della carta dei diritti umani significa che sono umanitari e non certo razzisti! Ecco che abbiamo scoperto che un indipendentista non solo non è razzista, ma addirittura umanitario, ma allora chi sono quelli che negano i diritti della Carta dei Diritti dell’Uomo? Ovviamente razzisti e nazisti! Ecco che abbiamo scoperto che i veri razzisti e nazisti sono proprio quelli che negano il diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza di un popolo!
Egoisti! Perché non vogliono dividere i loro soldi con chi è più povero… ma è proprio così? No, non è così, perché non si tratta di dividere soldi, ma di farseli gestire (rubare) da altri. Il governo italiano vuole i soldi per gestirli e decidere a chi darli, ma anche qui il patto internazionale dei diritti civili e politici parla chiaro: “… tutti i popoli possono disporre liberamente delle proprie ricchezze e delle proprie risorse naturali.”, ma se noi chiediamo di farlo siamo egoisti. Sarebbe come definire egoista uno schiavo che vuole la propria libertà o che vuole essere pagato per il proprio lavoro… oppure sarebbe come definire egoista uno che non vuole farsi derubare: è evidente che l’egoismo è un’altra cosa. prendere i soldi a qualcuno senza il suo consenso si chiama proprio rubare o rapinare se uso la forza per farlo. Ma quanti di questi soldi vengono spesi nel territorio Veneto? Solo una parte, tantissimi denari non tornano più... il fenomeno di uno stato che si appropria delle risorse economiche di un popolo per usarle per i propri fini si chiama colonialismo. Ma come vengono spesi i soldi prelevati al popolo Veneto? Vengono sperperati nei sprechi, nelle inefficienze e nelle ruberie dello stato italiano, mentre i Veneti vorrebbero vederli spesi bene nel proprio territorio per avere servizi sociali efficienti e infrastrutture adeguate senza sprechi… ma Infatti questo significa previdenza, lungimiranza, oculatezza ed economia. Adesso ci siamo resi conto che gli indipendentisti non solo non sono egoisti, ma addirittura previdenti, lungimiranti, oculati ed economici! Ma allora chi sostiene il sistema italiano com’è? Abbiamo appena dimostrato che è egoista, ladro e colonialista! Ecco che abbiamo scoperto che i veri egoisti, ladri e colonialisti sono proprio quelli che portano via le risorse al popolo Veneto!

 

Reazionari, retrogradi, anacronistici! Ma come si fa a pensare a un Veneto indipendente nel mondo globalizzato del terzo millennio? Se non fosse una cosa tragica questo sarebbe il più comico dei pregiudizi. Ma il Veneto indipendente sarebbe veramente una regressione? Pensiamo a un prigioniero che torna libero è una regressione o una conquista? Conquistare la libertà non può mai essere anacronistico, retrogrado o reazionario specialmente per un popolo. Ma andiamo a vedere cosa sostengono quelli che muovono queste critiche: lo stato italiano! Uno stato ottocentesco che non è strutturato per affrontare in modo competitivo il nuovo mondo globalizzato. Questa tipologia di stati nati sul modello post rivoluzionario francese, sono quelli che hanno scatenato una marea di guerre proprio per la loro natura, troppo grandi per avere una corretta e efficiente gestione interna e troppo piccoli per consentire un buon sviluppo del commercio e dell’economia, per questo hanno cercato di espandersi con le colonie e con le guerre. Capito questo, per evitare nuove guerre e consentire il libero commercio, si è dato il via alla globalizzazione, ma questi vecchi stati ottocenteschi, non sono strutturati per essere competitivi in questo nuovo scenario globale, troppo costosi, troppo inefficienti e troppo lontani dalla gente, anche quando funzionano, figuriamoci quando sono allo sfascio, corrotti e irriformabili come quello italiano.Le riforme proposte finora tagliano pezzi di democrazia (senato, province, comuni), non toccano i magna magna e accentrano poteri in puro stile totalitario, questo è essere reazionari, retrogradi e anacronistici! Continuare con l’accanimento terapeutico per far tirare avanti questi zombie istituzionali di stati ottocenteschi è il vero anacronismo!! Ora andiamo a vedere cosa vogliono gli indipendentisti veneti. Uno stato che salvaguardi la propria identità e cultura, uno stato efficiente e leggero, competitivo nel mondo globale, promotore delle libertà, del commercio, dell’industria, della cultura, del rispetto, ecc. ecc.… è anacronistico questo? O invece è futuro, è progresso….è un sogno? Ecco che abbiano dimostrato che gli indipendentisti veneti non solo non sono reazionari, retrogradi e anacronistici, ma addirittura sono proiettati verso il futuro, progressisti e sognatori di un mondo migliore! Ma abbiamo capito anche che i veri reazionari, retrogradi e anacronistici sono proprio i matusalemme incartapecoriti che sostengono i vecchi stati ottocenteschi come l’Italia.

 

Separatisti, divisori, secessionisti! Tanti pensano che su questo punto non ci sia nulla da eccepire, è talmente evidente la cosa che tanti indipendentisti cadono in questo luogo comune, ma siamo sicuri che è proprio così? Cosa dovrebbero dividere questi indipendentisti veneti? Il popolo Veneto? Certamente no, lo vogliono addirittura riunire! Il popolo italiano? Nemmeno, visto che parlano solo e unicamente di popolo Veneto e non di quello italiano. E allora? Gli indipendentisti vogliono l’autogoverno del popolo Veneto perché ora il popolo Veneto è governato dallo stato italiano, uno stato che preleva risorse e che le usa per i propri scopi ritornandone solo una misera parte sul territorio, uno stato che da quando governa le terre venete cerca di eliminare identità, cultura, storia, usi, costumi e tradizioni del popolo veneto e gli indipendentisti vogliono liberarsi da questa dominazione, anche perché, è bene ricordarlo, questo stato è così marcio da non applicare nemmeno la propria costituzione che prevedrebbe ampi poteri per le regioni! Ecco che abbiamo scoperto che gli indipendentisti Veneti non vogliono dividere nulla, ma semplicemente liberarsi dalla dominazione di uno stato che non gli appartiene, che usa le terre Venete come una colonia, pertanto non sono e non possono essere separatisti, divisori e secessionisti, ma sono solo liberatori! Questa non è una differenza da poco o solo una precisazione, ma una sostanziale differenza… tra separare e liberare c’è di mezzo il mare! Se uno stato governa su un popolo e il popolo si affranca non avviene una separazione, ma una liberazione! Se dei rapitori catturano un ostaggio noi andiamo a liberalo non a separarlo dai sequestratori, allo stesso modo il popolo Veneto si deve liberare dalla dominazione italiana e non si deve separare da niente e nessuno, anzi deve ritrovale la propria unità! Infatti chi governando un popolo depreda le loro risorse e cancella la loro identità e cultura è un oppressore.

 

Ignoranti e rozzi. Anche questo pregiudizio è molto diffuso. Sarà forse perché le TV alle manifestazioni spesso riprendono i personaggi più pittoreschi oppure perché gli indipendentisti parlano veneto, fatto sta che tanti si fanno questa idea, ma siamo sicuri che sia proprio così? Visto il livello di scolarizzazione medio si può dare per scontato che l’italiano più o meno bene lo sanno parlare tutti, pertanto parlare veneto, cioè conoscere una lingua in più non può essere considerato un segno di ignoranza. A questo aggiungiamo che un indipendentista Veneto, mediamente, conosce molto bene storia e cultura veneta pertanto definirlo ignorante pare, quanto meno fuori luogo. A differenza dei veneti che non sono indipendentisti che, con le dovute eccezioni che confermano la regola, non conoscono la propria vera storia, non conoscono la propria cultura, l’identità, gli usi e i costumi del nostro popolo… ma se non conoscono significa che ignorano… e colui che ignora si chiama ignorante (nel senso letterale del termine). Ecco che abbiamo scoperto che i veri ignoranti sono proprio tra quei veneti che non sono indipendentisti, mentre spesso gli indipendentisti hanno un buon bagaglio culturale, almeno per quello che riguarda il proprio popolo e la propria terra.
In pratica ci siamo resi conto che il regime dipinge gli indipendentisti più o meno così: razzisti, egoisti, reazionari, retrogradi, anacronistici, separatisti, divisori, secessionisti, ignoranti e rozzi… invece abbiamo constatato attraverso un’analisi dei fatti concreti, con le debite eccezioni che confermano la regola, che sono umanitari, previdenti, lungimiranti, oculati, economici, proiettati verso il futuro, progressisti, sognatori, liberatori e colti… non solo, ma ci siamo anche resi conto che chi si oppone all’indipendenza di un popolo è razzista, nazista, egoista, ladro, colonialista, reazionario, retrogrado, anacronistico, oppressore e ignorante.
E tu da che parte stai?